Thursday 21st November 2024,
IL DESTRO // Idee che ti mettono al tappeto

Tacciono perché rispondere è scomodo

Tacciono perché rispondere è scomodo

di Samanta Segatori – In questi ultimi mesi davvero tragici per la politica in generale e per ciò che resta del PDL in particolare, si è sentito dire di tutto. Il Cavaliere ha proposto la solita indecente manfrina: “mi ricandido, no ci ripenso, faccio un passo indietro per salvare l’Italia”.

Al di là del fatto che siamo alquanto scettici sulle motivazioni altamente nobili che lo hanno spinto a questa imbarazzante tiritera, ci colpisce il perseverare del solito approccio aziendalistico per cui il Cav. e i suoi fedelissimi sono ancora convinti oggi, davanti ai risultati impietosi che il loro atteggiamento ha prodotto, che si possa liquidare  un partito come se fosse cosa propria: un oggetto, un’azienda, non un gruppo umano, “come se fosse (e cito Giuliano Cazzola) una «bad company» in cui confinare il personale in esubero”. Ciò che più ci stupisce non è la totale autoreferenzialità del Cav. che lo spinge a non voler accettare una necessaria, dignitosa quanto generosa uscita di scena. D’altronde ha ragione Cazzola quando un po’ per celia un po’ no afferma che il nostro ex premier “soffra di surriscaldamento dell’Io”.

Ciò che più ci stupisce, dicevamo, è che tutti gli altri ex colonnelli di AN e fedelissimi dei suddetti non capiscano o più realisticamente fingano di non capire che il dilemma non sta nella ri-discesa in campo o meno di Berlusconi: è lapalissiano che il Cav. ormai non sia più un valore aggiunto per il centrodestra italiano ma un ostacolo evidente a qualunque possibilità (seppure assai chimerica) di rinascita.

È stato detto da più parti che egli rimane oggi più di ieri assolutamente necessario per la sopravvivenza del partito, ma noi ci chiediamo: quale partito?

Quello abortito già prima di nascere? Quello che non ha coltivato idee, rinnovamento, meritocrazia, democrazia interna ma lo scempio di cui il Lazio così come la Lombardia sono gli esempi lampanti? Oggi non è più possibile neppure ipotizzare un rinnovamento se non si capisce che questo deve necessariamente passare attraverso una sorta di vera e propria “catarsi politica”.

Più che gli orridi spettacoli quotidiani proposti dai voltagabbana, populisti, demagoghi e dalle improbabili quanto imbarazzanti rottamatrici di turno che suggeriscono di rinnovare tutto tranne loro stessi, più che il rischioso quanto ingrato giovanilismo ad oltranza, sarebbe necessaria o meglio vitale una riflessione profonda, vera, sentita, su quello che oggi rappresenta l’antica, desueta e forse un po’ anacronistica categoria della Destra politica.

Quando Marcello Veneziani lanciò il suo appello a tutte le destre dalle pagine del Secolo d’Italia, il dibattito ebbe vita breve … ordini di scuderia? Qualcuno dice di sì.

Quando Veneziani sulla scia di quell’appello organizzò l’incontro ad Ascoli e poi quello recente a Roma, la politica, il Pdl, ma soprattutto i superstiti di An e del MSI tacquero.

Non ascoltarono gli appelli indignati e anche un po’ disperati provenienti da più direzioni.

Tacquero perché rispondere era scomodo, tacere era invece funzionale al loro tirare a campare.

Era fastidiosa quella proposta di riflessione politica e non partitica. Era seccante pensare di sedersi e mettersi in discussione. L’andazzo generale è stato più meno un “isoliamoli, ignoriamoli, facciamo scemare il loro entusiasmo”.

Il contraddittorio è stato evitato mentre non ci sono stati risparmiati gli struzzi variamente connotati che hanno seguitato ad ignorare l’emorragia ormai incontrollabile di uno pseudo- partito che a questo punto non andrebbe più rivitalizzato ma rianimato.

Sono tornati poi a puntare l’attenzione su un ex leader (Gianfranco Fini) che per dirla con Marcello Veneziani sarà pure “Traditore e ladro di sogni” ma oggi dovrebbe essere l’ultimo dei nostri pensieri. Agli On. sparsi a destra e a manca che oggi esternano tutta la loro delusione davanti alle riconferme di colpevolezza finiana sull’affaire Montecarlo noi chiediamo di riflettere su altri e ancora più gravi tradimenti. Chiediamo di rendere conto di tutto quello che non è stato fatto per evitare che il presunto «partito degli onesti» si trasformasse in poco tempo nell’orrido carrozzone di cui i Fiorito, gli Zambetti e le Minetti di turno sono solo le escrescenze.

Chiediamo loro di avere il coraggio di dare una risposta vera e non interessata ad un popolo, quello della destra, ormai allo sbando.

Chiediamo che almeno per una volta abbiano il coraggio, la lungimiranza di andare oltre il loro piccolo universo e tentino di dare una speranza alle nuove generazioni così come ai vecchi militanti che sono fermi sull’uscio e li guardano attoniti, frastornati ma forse ancora un po’ speranzosi che qualcosa possa cambiare.

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