di Alessandro Nardone – La gente cerca di capire: dove va la politica italiana? Cosa succederà adesso e nel prossimo futuro? Molti si rimbalzano accuse o sospetti di tentazioni autoritarie. Giorgio Napolitano teme per la democrazia, ed ovviamente individua i nemici tra quanti sono stati e sono estranei al tradizionale assetto di potere. Beppe Grillo teme per la democrazia, e naturalmente giudica che le minacce più forti provengono dalla partitocrazia.
In una transizione disordinata, molte cose possono accadere. Ma, rimanendo nel concreto, i partiti fin qui dominanti, dai berlusconiani ai democratici, hanno sostanzialmente quattro percorsi cui affidarsi: tentare una riforma elettorale che, attraverso un meccanismo di premio (sovrarappresentazione), consenta loro di recuperare quel che perdono in voti, per prolungare il loro controllo sociale; tentare un “governissimo”, che li leghi tutti insieme e che li sostenga reciprocamente; rimandare il più possibile ogni appuntamento elettorale, come sta già accadendo in molte aree (qui effettivamente si può lambire l’attentato alla democrazia), per evitare di registrare altre cadute; avviare un qualche rinnovamento delle classi dirigenti interne, per recuperare una certa credibilità e un’immagine presentabile. Ometto deliberatamente l’attuazione di qualche “provocazione”, tra l’altro perché la realizzazione di azioni siffatte troverebbe oggi un terreno assai meno ricettivo nell’opinione pubblica, ove scetticismo e diffidenza sono ormai sentimenti dominanti.
Va da sé che nel blocco partitocratico ci sono differenze e linee di divisione: ad esempio, sulla manovra economica Pierluigi Bersani sta in posizione non collimante con pidiellini e filo-montiani, e se oggi il Pd perde meno voti di altri è perché ne ha già perduti molti prima. Ma, nel complesso, il fronte partitocratico ha alcuni interessi fondamentali comuni, la cui difesa passa appunto per una certa riforma elettorale, per elezioni dilazionate, per l’ammucchiata ministeriale e per il maquillage interno.
Possono portare al successo queste quattro vie? Qui bisogna dividere la risposta in due parti. E’ possibile che alcuni traguardi indicati (e persino tutti) si realizzino: non si possono escludere il governissimo, una riforma elettorale ad usum delphini, alcune trasformazioni negli assetti di potere dei partiti. Tuttavia, il quadro dissolutivo del regime ha raggiunto livelli vitali che, se pure il governissimo nascesse, non riuscirebbe a governare. Se pure la legge elettorale cambiasse nel senso voluto dai partitocrati, in molte aree territoriali sarebbero gli “altri” a lucrarne i vantaggi. Se pure i vertici dei partiti tradizionali mutassero faccia, a moltissima gente ciò non importerebbe né poco né punto.
Insomma, numerosi elementi suggeriscono che la realtà è già andata oltre questi tipi di soluzioni proposte. Dunque, o le soluzioni istituzionali sono di altro tipo (e in tal caso il ricambio di regime potrebbe avvenire in maniera relativamente ordinata e “continua”), oppure il ricambio di regime avverrà a ruota libera, in forme disordinate e “discontinue”, con un interregno decisamente anarchico di qualche ampiezza temporale.
E qui emerge un altro interrogativo. Se Silvio Berlusconi è politicamente troppo vecchio per rappresentare il nuovo, se Matteo Renzi è troppo “élitario” per sfondare tra i grandi numeri elettorali (oltre che essere anch’egli figlio del passato regime), se valgono tutti questi “se”, allora la “nuova classe” che l’Italia deve aspettarsi è quella espressa dal grillismo? Ma l’arcipelago grillino è in grado di produrre una dirigenza politica adeguata a un buon Paese europeo?
Non si può dire che la leadership politica espressa dalla partitocrazia, specie nell’ultimo ventennio, abbia costituito e costituisca il meglio della società. Spesso la selezione ha operato alla rovescia. D’altra parte, vanno fatte (almeno) tre considerazioni. L’Italia non è ancora in mano al Movimento 5 Stelle e non è ancora tutta investita dalla sindrome grillina. In secondo luogo, se davvero il grillismo si espandesse e rafforzasse, potrebbe anche migliorare la sua classe politica. In terzo luogo, nulla sappiamo sulla durata del grillismo. In altri termini, sarà il Movimento 5 Stelle a trionfare sulle macerie del vecchio regime, o il grillismo opererà come un esplosivo che fa precipitare un edificio e però si dissolve con questo, lasciando così campo aperto per terzi soggetti?
Dobbiamo avere chiare queste domande se si vuole lavorare con spirito costruttivamente realistico per il futuro. Almeno al Nord, per adesso il rifiuto del vecchio si incanala nell’alveo leghista, e ciò è persino comprensibile. Ma la prospettiva del Movimento di Grillo e Casaleggio, che postula nella sostanza la disgregazione del tessuto unitario nazionale, non è accettabile, e quando pure la dirigenza grillina migliorasse per qualità ed esperienza, tale fatto non ridurrebbe automaticamente i rischi del progetto grillino, ma anzi potrebbe persino aggravarli. D’altro canto la vampata grillina può attenuarsi, una volta compiuta l’opera destabilizzante del passato partitocratico.
Tutto, dalla crisi terminale del regime al fenomeno grillino, dalla decadenza dei consociativismi alla sterilità delle “Alleanze democratiche”, concorre perciò nell’indicare la necessità di una grande, articolata Alleanza Nazionale che prepari fin d’ora una nuova classe dirigente, promuova un originale assetto istituzionale, salvaguardi l’unità dello Stato e della Nazione. Questa è l’ora dei doveri e dei propositi di ampio respiro. Dobbiamo assumerci la responsabilità del nostro destino. I patrioti non hanno ragione di essere pessimisti, anche se la lotta sarà faticosa.
PS: quest’articolo non l’ho scritto oggi anzi, per dirla proprio tutta, non l’ho nemmeno scritto io: fu, invece, pubblicato su Il Tempo, a firma di Domenico Fisichella. Correva l’anno 1992, il primo ottobre, per la precisione. Io mi sono solo permesso di fare un banalissimo copia/incolla e di modificare i nomi dei protagonisti, nulla di più. Non ci credete? Cliccando qui potrete leggere l’articolo originale. Lo so, l’attualità di queste parole vi ha sbalorditi. Infatti, il mio intento era proprio questo, ovvero servirmi di una provocazione per dimostrare che, a distanza di vent’anni, grazie all’attuale classe politica, si sia sostanzialmente punto e a capo. Rimbocchiamoci le maniche e guardiamo avanti, senza tentare di ripercorrere strade già percorse, ma cercando di scovarne di nuove. Osiamo, innoviamo, rivoluzioniamo, creiamo.
PPS: spero che il Profesor Fisichella non si sia offeso se ho “preso in prestito” il suo pezzo. In tal caso chiedo scusa!
E’ un peccato che questo articolo non verrà letto dalla maggiornaza degli elettori, gli anziani, che non usano internet. E chi lo usa? I grillini, ad esempio, si vantano di usare internet al meglio, ma in realtà, lo sappiamo, la loro rete si riduce a un sito solo…
Verissimo. Sono sicuro che, se saremo bravi a “fare sistema”, potremo costruire qualcosa di davvero importante. Dobbiamo sentirci.