di Alessandro Nardone – Va bene, lo confesso: ero tra quelli che, alle 3.00 di ieri notte, se ne stavano ancora davanti al televisore per guardarsi il dibattito tra i due candidati alla vice-presidenza alle elezioni americane, ovvero Ryan per i repubblicani e Biden per i democratici. C’è chi le levatacce le fa per guardarsi le prove del gran premio di Formula 1 chi, come il sottoscritto, per un dibattito politico. Che ci volete fare, ognuno ha le sue, di fisse.
Fatto sta che, per chi vive in Italia ed è appassionato di politica, uno scontro come quello di ieri notte è una vera e propria boccata di aria pulita: i rappresentanti di due schieramenti politici contrapposti che si confrontano, anche con toni piuttosto aspri, su temi concreti come l’economia, la politica estera e l’architettura dello stato sociale. Capite bene che, per chi, come noi, è abituato a sorbirsi dibattiti interminabili in cui si discute del nulla, quella a stelle e strisce è una vera e propria visione ancestrale.
Non che intentenda fare l’apologia degli americani, ci mancherebbe, ma volete mettere un dibattito come quello tra Obama e Romney con una delle nostre trasmissioni sguaiate in cui, magari, il confronto è tra la Santanchè e Rosi Bindi, tanto per fare un esempio? Ma per favore. Bene che vada, da noi, assisti a veri e propri sproloqui su inquisiti, leggi ad personam e le tette della Minetti; oltreoceano, invece, si confrontano su temi concreti come l’Obamacare o sulle misure per aumentare l’occupazione. Non c’è paragone.
Altra lancia da spezzare a favore degli americani: un Obama, ad esempio, lo vedremo al massimo per otto anni perchè lì – negli Stati Uniti – esiste il limite dei mandati, al massimo due e poi a casa. In Italia, invece, discutiamo dell’ennesima (ormai ho perso il conto) ridiscesa in campo di un settantaseienne che risponde al nome di Silvio Berlusconi e dobbiamo sorbirci i sermoni di dinosauri che siedono in Parlamento da oltre quarant’anni: loro sì, che hanno trovato l’America. Con la politica.