di Alessandro Nardone – Avremmo potuto fare un’intervista su “Spero davvero”, il suo nuovo singolo uscito pochi giorni fa, e poi parlare della sua importante carriera di cantautore, cominciando dai cinquantasette concerti aperti ad un certo Vasco Rossi (che ha pure scritto una canzone, Giorni, a quattro mani con lui), passando per Sanremo, quattro dischi, il dvd del suo concerto all’Alcatraz di Milano, un romanzo, il Festivalbar, Music Farm ed un tour a New York. Ma poi, mentre fuori cominciava a nevicare, abbiamo pensato che i messaggi da lanciare attraverso queste pagine sarebbero dovuti essere ben altri. Così, per la prima volta, il rocker comasco Simone Tomassini, ha deciso di mettere da parte la sua chitarra e di venire allo scoperto, scegliendo Il Giornale d’Italia per dire la sua in merito alle tante, troppe contraddizioni di questa nostra amata Italia. «A 38 anni, dopo aver fatto tutto quello che ho fatto, aver visto tutto quello che ho visto, ed aver scritto tutto quello che ho scritto con le canzoni, ho deciso di dire come la penso. Voglio farlo perché oggi nessuno ha il coraggio di metterci la faccia per dire le cose come stanno, per parlare dei problemi reali di questo Paese. Troppo comodo, per chi sta nel cosiddetto mondo dello spettacolo, giocare a fare il Che Guevara di turno solo per arruffianarsi i politici di sinistra ed un certo mondo radical chic che, oltre a fare molto figo, magari ti consente di avere spazio nelle radio e di stare tra i big di Sanremo, anche se le tue canzoni non sono proprio il massimo…». Vero, a tal punto che sono pochissimi gli artisti che hanno scelto di non scendere a compromessi, evitando di assoggettarsi a questa logica.
A questo punto, credo che sia il caso di prendere la palla al balzo, cominciando con il tema dei giovani, a partire dalle problematiche inerenti al lavoro, per arrivare alla questione del ricambio generazionale. Simone, tu come la vedi?
Molti danno addosso alle nuove generazioni: dicono che sono molli, svogliati, con poca voglia di lottare. Poche settimane fa il Ministro Fornero li ha definiti “choosy”, schizzinosi, senza rendersi conto che esistono delle difficoltà oggettive, soprattutto a trovare un lavoro ed a mettere su famiglia, perché il nostro Stato, anziché aiutare le giovani coppie, preferisce sostenere le banche. Ma dico, di fronte a tutto questo, come si fa a scegliere sempre gente come Bersani?
D’altra parte, viene da dire che questi giovani sono figli del nostro tempo, un’epoca in cui i cosiddetti poteri forti hanno lavorato affinché i valori tramontassero issando, al loro posto, bandiere vuote ed effimere, facendole diventare punti di riferimento per i nostri figli.
Infatti, proprio per questo i nostri ragazzi devono aprire gli occhi, smetterla di piangersi addosso, e capire che sono loro ad avere le armi giuste per cambiare le cose, ovvero la follia e la freschezza dei loro anni. Devono osare, provarci e giocarsela bene! Ovvio, per farlo devono trovare il coraggio di scontrarsi frontalmente con un sistema di vecchi pronti a tutto, pur di non cedere il loro potere. Sia chiaro, questo accade in tutti i settori ed a tutti i livelli, non soltanto in politica. È un problema tutto italiano.
Come mai, secondo te, in questo benedetto Paese, sono decenni che si discute degli stessi problemi senza mai riuscire a risolverli?
Penso che l’Italia vada male perché è la gente che vuole farla andare male.
Ovvero?
Il discorso che facevo prima per i giovani, vale anche per molte persone più avanti con gli anni, ma non per questo più avvedute. Sono il “popolo bue”: si lamentano, inveiscono contro il governante di turno ma poi, quando vanno a votare, scelgono sempre gli stessi. Mi domando come possano ancora credere alle promesse di politici che stanno in Parlamento da quasi trent’anni senza aver mai concluso nulla di buono, lo trovo inconcepibile!
Parole sante! Ora, siccome ci avviamo alla conclusione, vorrei tornare al tuo mondo, ovvero quello della musica e dello spettacolo che, mi pare di aver capito, non sia molto lontano dalla realtà che ci hai appena descritto, anzi…
Non è altro che una faccia della stessa medaglia, un mondo nel quale a dominare è il sistema di vecchi e collusi di cui parlavo prima. Prendiamo Sanremo: basta leggere i nomi per capire chi è amico di chi. E questo sarebbe un Festival pulito? La verità è che, a farla da padrone, sono le case discografiche, che pilotano i reality show per sfornare ogni anno artisti nuovi, sfruttarli al massimo, e poi disfarsene come ci si disfa di una scarpa rotta. Pensa che ci sono artisti che vanno in tv dicendo di aver vinto il disco di platino e, dopo qualche mese, i rivenditori fanno resi enormi alle case discografiche, che mandano quegli stessi dischi al macero. Chiedetelo ai rivenditori ed ai negozianti di musica! Ma John Lennon ha detto una grande verità e, cioè, che «la musica è di tutti, solo i discografici pensano che sia loro!»..
Simone, nelle tue canzoni parli dei ragazzi, degli anziani, delle persone che non arrivano alla fine del mese e di chi fa volontariato, insomma, uno spaccato di quell’Italia che il “sistema” di cui hai parlato fa finta di non vedere. Se dovessi lanciare un messaggio alla nostra gente, cosa gli diresti?
Che devono riscoprire i valori sani, come la famiglia e l’amore per la nostra Patria. Sono convinto che, se fossimo tutti più uniti, ma veramente e non a chiacchiere e se trovassimo la forza di mettere da parte l’egoismo per aiutarci a vicenda come succedeva nell’Italia dei nostri nonni, se, insomma, cambiassimo la nostra mentalità, la nostra amata Italia non avrebbe davvero rivali e saremmo in cima al mondo! Altro che Merkel. Ecco cosa intendo quando, in “Spero davvero”, dico “violentiamoci d’amore”!
Leggi l’intervista su Il Giornale d’Italia del 15 dicembre 2012