di Francesco Storace – Cari delegati del comitato centrale e idealmente cari militanti de La Destra di ogni parte di questo nostro sventurato Paese, grazie a ciascuno di voi per quello che avete fatto alle recenti elezioni politiche. I duecentoventimila voti raccolti alla Camera e al Senato rappresentano il risultato a cui avete contribuito. Per la parte che mi compete, mi scuso invece per le centinaia di migliaia di voti che mancano all’appello e per cui mi assumo totalmente ogni completa e solitaria responsabilità.
Lo dico subito, perché non intendo rappresentare un problema. Qualunque decisione sara’ assunta dal partito nel rispetto delle regole dello statuto che ci siamo dati, dovra’
vedere un altro protagonista al vertice. Ciascuno corre il tempo che ha a disposizione, quello mio e’ drammaticamente scaduto col voto del 24 e 25 di febbraio. Parliamo del dopo di me, visto che da quel che leggo sulla rete nessuno e’ stato capace di ammettere errori. Ma lo accetto senza problema. Gli errori sono stati solo miei e sono qui ad assicurarvi che volterete pagina. Ma prima cerchiamo di capire che cosa fare e spero che chi stava nel Pdl dove scodinzolava per aver seguito Gianfranco Fini, non venga qui a suonare la stessa insopportabile musica. Mi e’ già capitato una volta di dover lasciare un incarico di prestigio, non ho mai avuto l’ossessione della poltrona a tutti i costi. Avrei fatto altre scelte nel 2007, quando fondai La Destra, o nel 2008, quando
rifiutai di accettare lo scioglimento de La Destra. Non fu Trieste a determinarci e a determinarmi, ma un insopprimibile senso di dignità. Altrimenti non mi sarei dimesso
da ministro della Repubblica per una manovra giudiziaria venuta alla luce sette anni
dopo.
Mi chiedo quanti avrebbero resistito al posto mio.
Anche allora prevalse il sentimento della dignità. E’ un valore. Lo stesso valore che mi
ha portato a resistere anche ad un’infame accusa di corruzione, pure crollata martedi
scorso con l’assoluzione perche’ il fatto non sussiste: altri nove anni per scoprire che
ho le mani pulite!
Un calvario – in entrambi i casi – che ha coinciso in parte con l’avventura percorsa in
questa nostra comunità, che ho tentato di formare prima ancora che di strutturare in
partito. Il mondo del blog, la rete, facebook, poi twitter, e’ stato straordinario essere letteralmente inseguito da militanti che volevano trovare il modo diretto per colloquiare col loro capo. Mi fece sorridere anche una copertina di facebook in cui c’era scritta una rivendicazione fantastica. “Mi dispiace per voi, ma Storace ce l’abbiamo solo noi”. Piansi di orgoglio, quella mattina. Ora, sulla rete e’ linciaggio.
Nei convivi e’ cicaleccio. Nelle riunioni e’ paccottiglia.
Non e’ più tempo di alalà e croci celtiche, mettiamocelo in testa. O meglio, lo e’ per
chi non si pone il problema del consenso elettorale; usare in campagna elettorale simbolismi che suscitano lo zero virgola dei voti significa distruggere anche la loro grande carica culturale.
Se qualcuno pensa di proporre la mistica dell’unita’ di un’area che politicamente non
ha dato gran prova di se’ – quella alla nostra destra – esprimero’ insieme rispetto
e profondissimo dissenso. Chi non e’ stato capace di unirsi mentre noi stavamo con Berlusconi e si e’ azzuffato con tre candidature contrapposte sia a livello nazionale che locale, ben difficilmente puo’ aspirare ad avere una prospettiva politica.
Occorre guardare con attenzione e rispetto a quel che accadrà nel movimento “Fratelli
d’Italia”: con loro l’accordo elettorale non si e’ trovato perché anche al nostro interno –
e’ stata sufficiente qualche telefonata a vari capilista… – non erano molti quelli che lo volevano. E comunque in quel clima non aveva molto senso politico. Non sarebbe stato facile, per semplice frenesia elettorale, dire si’ nel 2013 a La Russa quando nel 2008 avevamo detto no a Berlusconi.
Sempre un’altra cosa rispetto a La Destra ci chiedevano. La stessa situazione politica
e’ complicatissima da affrontare. La sinistra pensava di farsi un boccone degli avversari. Non credo di essere lontano dal comune sentire se affermo di considerare intollerabile la vena persecutoria della Boccassini nei confronti di Berlusconi. Per restare sul tema, attendiamo di sapere quando scatteranno le manette ai protettori politici del Monte dei Paschi di Siena. Col nostro mancato voto non c’entra il dato organizzativo; non siamo riusciti ad emozionare un popolo, un messaggio straordinariamente forte come quello della sovranità per la fine dello strapotere
della signoria bancaria non e’ arrivato a destinazione. Grillo non ha fatto affiggere un
solo manifesto, da Roma non arrivavano quattrini alla periferia di Cinque stelle, le liste
le ha decise praticamente da solo, lui e Casaleggio, con le primarie finte, mettendo appunto in Parlamento anche mamma e figlio.
Lo dico perevitare analisi frettolose… Quale emozione trasmetteva il Centro democratico di Tabacci? Cinquantamila voti in meno di noi, lo 0,4, 6 deputati e rimborso elettorale… A noi e’ mancato pure il voto a Fratelli d’Italia… uno ogni quattro sezioni, tredicimila voti… Ma serviva, oltre che per i quattrini? E’ evidente che no, serviva ben altro che un risultato striminzito. Ora dico solo che dobbiamo
decidere. Il mio mandato triennale scade nel 2014, dopo il congresso svolto a Torino
nel novembre 2011. Ma se abbiamo una soluzione rapida, lo anticipiamo. Abbiamo
un po’ di tempo, ma non troppo, per ragionare: chi dovra’ venire dopo di me, perche’ io
non intendo far finta di nulla, dovra’ avere il tempo di costruire.
Ponendosi anche il problema dei finanziamenti al partito. Due milioni di euro stanziati,
due terzi dei quali per tutta Italia: credo che tutti abbiate visto un enorme sforzo di comunicazione con i 6×3, la pubblicità sugli autobus e tanta comunicazione sul web. Seicentomila euro e’ costata la campagna laziale, la meta’ per una lista che ha preso da
sola la meta’ dei voti del partito in tutta Italia, altrettanto per la propaganda presidenziale (inclusa la lista civica). Sono soldi che non abbiamo se non in minima parte e non intendiamo fare brutta figura con i creditori verso i quali ci siamo impegnati personalmente con Livio Proietti. Sappiate che pochissimi, anche al vertice
del partito, ci hanno aiutato. Noi dovremo lavorare sul territorio sapendo che comunque la legislatura durera’ poco.
Parole d’ordine senza una serie di eventi collegati e che facciano notizia, restano solo
parole nascoste da milioni di parole altrui. Ma gli eventi sul territorio non li doveva organizzare il partito da Roma…
Sovranità ed Europa, banche e signoraggio, sociale e immigrazione. E soprattutto valori e diritto naturale. Le droghe non sembrano piu’ un nemico: sono temi su cui abbiamo solo noi cose originali da dire. Ma vanno costruite con sapienza mediatica, anche nel territorio, non solo con gazebi che di fronte alla forza del web hanno le sembianze di una scialuppa di fronte allo tsunami.
I cittadini non ne vogliono sapere di questioni affrontate a colpi di politichese. Scelgono senza se e senza ma. Dovremo rifletterci bene. Se non si vota di nuovo per le
politiche, il prossimo anno si rinnoverà il Parlamento europeo, sconsiglierei un bagno
di sangue con lo sbarramento al 4 per cento. Anche sulle amministrative di maggio –
mentre ad aprile saremo presenti in Friuli Venezia Giulia alle regionali – pesa la qualità
dei candidati. Si voterà per la Capitale: noi che abbiamo voti in città ci incontreremo
per trovare una soluzione. So quante liti io per primo ho fatto con Alemanno; ma ieri e
non dieci anni fa abbiamo fatto campagna insieme per le regionali e dobbiamo valutare
bene se abbiamo la forza per imporre un altro candidato, oltre al sindaco uscente e alle proposte grillina e del centrosinistra. Io non sono certo candidabile (ho gia’ dato…), vorrei capire se abbiamo una proposta che non sia velleitaria. Proporrei di concentrare la nostra attenzione su un programma di discontinuita’ amministrativa,
almeno nella sua parte piu’ spiccatamente sociale. Comunque, abbiamo anche il dovere di non dimenticare che il Pdl ha affidato a dirigenti de La Destra la guida della coalizione in Sicilia e nel Lazio.
Possiamo rivendicare l’autorevolezza delle nostre candidature? In quante parti d’Italia
sarebbe stato possibile? Poi, certo, e’ vero che ci sono stati i soliti ostacoli d’apparato, ma a Berlusconi e Alfano non mi sento di muovere rimproveri: loro hanno rispettato il nostro movimento. Temevano catastrofi elettorali nel territorio, i signorotti locali
del Pdl, e ci hanno fatto partire con 15 interminabili giorni di ritardo per la campagna elettorale nel Lazio. Hanno persino evitato manifesti con l’invito a votarmi, nemmeno un euro e’ stato stanziato per la campagna del candidato alla presidenza della regione. Ma che ne sapete che abbiamo dovuto passare…..
Permettetemi ora una chiosa personale sulla campagna nel Lazio, che e’ stata voluta unanimemente dalla direzione nazionale (e comunque non avrebbe influito un giorno mio di presenza in ognuna delle 26 circoscrizioni elettorali. Non credo che nel territorio gli altri 29 giorni si stava in ferie…). Chi ha pochi voti se la prende con chi ne ha di più. Dovrebbe essere giusto il contrario, in un partito politico: penso che tutti dovremmo dire grazie ai candidati e ai militanti del Lazio per gli oltre centomila voti che ci hanno fatto prendere alle regionali (senza contare gli ottantamila di provenienza civica alle altre liste col mio nome…). E’ infatti insopportabile che ci sia chi non senta il dovere di prendere esempio da un territorio che ha saputo individuare le candidature giuste più che altrove.
Se attorno ad un esponente politico di un partito che alle elezioni nazionali e’ andato male, ruota oltre il 6 per cento dei consensi regionali di un territorio, vuol dire che il radicamento esiste. Nessuno ci ha regalato nulla. C’entra poco la candidatura alla presidenza. La Destra prende come lista circa centomila voti ora, piu’ dei quasi centomila che prese nel 2010. Il di piu’ rappresentato dalla mia candidatura e’ il voto finito sulle civiche. La Destra del Lazio c’e’. Invece, mi e’ capitato su fb e su twitter di discutere con taluni che non sanno di che parlano, ottengono al loro paese lo 0,88 e dicono che e’ sopra la media nazionale; e si offendono se gli fai notare che la differenza di “media” in quel paesino e’ di tre o quattro voti e questo non significa radicamento.
Nella regione abbiamo pochi amministratori, ma siamo andati meglio alle regionali che alle politiche. Alla Camera 61mila voti di lista, per la Pisana 100mila. Quasi quarantamila di differenza equivalgono alle preferenze raccolte dai 40 candidati
in lista. Nel 2010 io e Buonasorte ne portammo in dote circa 22mila. Al Senato siamo arrivati a pochi decimali dal seggio a quota 3 per cento, fermandoci al 2,4: peccato. Nel resto d’Italia al massimo si e’ superato di poco l’uno per cento. A tutti e 40 I candidate del Lazio ho proposto un metodo, aldila’ di quello che sarà il mio ruolo futuro nel partito, perché La Destra nel Lazio resta una realtà incancellabile: 40 manifestazioni e/o incontri in tutta la regione con gli elettori; 40 forum permanenti con le categorie e/o i territori; l’utilizzo – anche pubblicitario – del Giornale d’Italia online; la partecipazione con candidati radicati sul territorio per le prossime amministrative.
In tutta Italia si prenda buona nota. Facciamolo sapendo dove sono i nostri voti.
Nel Lazio, alle politiche e senza preferenze, raccogliamo il 28 per cento dei voti raccolti in tutta Italia, in Lombardia il 7,45, in Campania l’8,13, in Sicilia il 7,97, in Puglia il 6,26. Per aree interregionali, l’Italia centrale ci consegna il 40 per cento dei nostri consensi nazionali, il sud il 25, il nord ovest il 14, il nord est il 12 e il 9 nelle isole. Da questi dati dobbiamo ripartire e con serietà. A disposizione del progetto che decideremo di scegliere con le modalita’ contenute nell’ordine del giorno che proporrò
a conclusione dei nostri lavori, mettero’ in campo Il Giornale d’Italia, che ormai si afferma sempre piu’ come una voce libera per la destra italiana.
Sopportero’ anche il rimprovero che mi e’ stato mosso – credo in buona fede – da un giovane dirigente sardo, che pure lui ha trovato da ridire su una geografia editoriale
troppo spostata sulla Capitale. Ogni tanto si usi la parola grazie, visto che il giornale
va in rete perché ci siamo messi le mani in tasca – le nostre – io e Roberto Buonasorte
e non il partito. Ma che si pretende, mi chiedo….
Comunque, la testata servirà il progetto, che dobbiamo affidare per tastarne la credibilità ad un gruppo di nostri giovani, che propongo semplicemente per la conoscenza che tutti ne abbiamo. Permettetemi una precisazione, che ci manca poco che si parli di una specie di golpe interno: i giovani di cui parlo non sono il nuovo organigramma del partito (magari lo saranno in futuro) ma avranno la responsabilita’
di verificare con la loro freschezza di idee se ci sono spazi di manovra in una società che ha scelto opzioni profondamente diverse rispetto a quello che pensavamo noi. E’ un delitto provarci e poi ritrovarci a luglio a verificare che cosa si raccoglie?No, non e’ giovanilismo, ma presa d’atto della necessita’ di offrire un movimento piu’
dinamico agli italiani.
Ho seguito il lavoro politico di Alessandro Nardone e Sabrina Benedetti; di Gianni Musetti e Giuliano Moggi; di Andrea Scaramuccia e Valerio Limido; di Fabrizio Santori e Sergio Marchi; di Luigi D’Eramo e Carlo Aveta; di Daniele Milella e Stella Mele; di Ippolita Pantera e Ruggero Razza. Ne servono altri ancora? Chi li vuole coordinare? Vogliamo dare a uno o una di loro il compito di convocarli? Se il comitato centrale concorderà, questo comitato promotore per la Costituente avrà varie ipotesi sul tappeto, almeno tre, tra le quali sceglieremo a luglio, in una convention di tre giorni, a Orvieto.
1) Trasformarsi in movimento che individua obiettivi popolari e strumenti elettorali per far emergere il valore delle persone. Un partito evoca struttura, burocrazia, obblighi di militanza. Fare meglio. Alla bandiera non rinuncio, ma la servo e non
me ne servo, afferma chi propugna questo percorso. Da partito a movimento, attraendo anche chi oggi guarda altrove senza costringerlo a sentirsi in colpa col suo partito se ci sceglie. Non dovremmo chiedere voti di partito alla gente, ma impegno sociale e politico per la comunità. Andremmo a congresso per decidere cosa vogliamo nei programmi delle forze politiche quando decideremo di impegnarci, con uno statuto
nuovo e all’altezza della sfida più sociale che politica, più culturale che partitica, con un
proselitismo vero, convegnistica sul territorio e grandi appuntamenti annuali, lunghi
anche due settimane, altri di piazza, sul tempo che viviamo, con i grandi protagonisti.
2) Lanciare una costituente di destra. Convocando un grande evento che faccia sentire viva l’anima popolare del nostro paese. L’Italia profonda a partire dal senso religioso che ne deve tornare a caratterizzare l’appartenenza identitaria alla Nazione: i valori non sono un fatto privato dell’uomo. E’ importante affermare la forza della fede in un mondo senza piu certezze ed evidenziare lo stesso ruolo della chiesa come argine nelle zone piú fragili del Paese. Ed e’ davvero bello salutare l’ascesa al Soglio del nuovo e gia’ grande Papa Francesco, una figura affascinante che fara’ emozionare l’umanità intera.
Cari dirigenti, Con chi dovremo lavorare nella Costituente? Fratelli d’Italia, anche se continuo a considerare Giorgia Meloni un soggetto politico interessante, e’ ancora
nell’ambiguita’. C’è spazio per un’area che fu rappresentata da 150 e non da venti parlamentari? Che vuol fare chi sta ancora e sottorappresentato nel Pdl? Dopo la fine di Fini occorre decidere. Non mi si dica di credere a un progetto antisistema, grillino.
Bisognava pensarci prima di aderire a un partito guidato da un ex ministro e fondato
da parlamentari ed ex, composto da amministratori, rappresentativo di regioni a cui e’
stata affidata la leadership elettorale nelle ultime due tornate come Sicilia e Lazio. Sarebbe un’altra cosa rispetto a La Destra, alle sue motivazioni originarie. Abbiamo dimostrato di essere altro rispetto alla logica che permea chi vive di casta, ma non si proponga una rivoluzione insensata in casa nostra. Cerchiamo di capire come si rianimano le ragioni forti di una destra debole. Non si fa la rivoluzione nella segreteria
di un assessore, ne’ col vitalizio in tasca. E’ ovvio, vorrei dire al caro Paolo Agostinacchio, che gli elettori ci hanno accomunati agli altri. Le facce nuove danno credibilità per ripartire. Se si vuole l’alternativa al sistema, bisogna che a capeggiarla sia chi dal sistema e’ fuori.
3) Si va avanti con La Destra, ostinatamente, magari cambiando nome e leader, perché
vogliamo continuare a credere nella forza di un progetto che deve lottare per avere finalmente rappresentanza, senza fermarsi di fronte alle avversità elettorali. Io accetterò l’opzione che sara’ maggioritaria nel partito che ho fondato. Credo che i fondatori rimasti con noi dovranno, dovremo, avere l’intelligenza di capire che siamo
chiamati ad un ulteriore sforzo per accompagnare il progetto a cui abbiamo dato vita verso orizzonti piu’ luminosi. Decidiamo che fare. Cerchiamo una nuova guida, io vi aiuterò a trovarla se vorrete ancora il mio aiuto. Anche se a luglio dovessimo invece stabilire di avviare una fase congressuale, tentiamo di pensare in grande e soprattutto in maniera sensata. La strada nuova dovrà partire dall’individuazione del nemico,
che resta sempre lui. Un computer che gioca in borsa a cui ora si aggiunge un computer
che gioca con i voti. So che abbiamo preso pochi consensi, ma so anche che abbiamo
tante ragioni da far riconoscere in una forma nuova. Il nostro problema non sono i manifesti, ma il Manifesto.
Gli altri hanno i partiti, noi abbiamo le idee. Da qui si ricomincia. Le ferite di ieri si rimarginano sempre se abbiamo ancora la fierezza di sognare un mondo nel quale sappiamo che il domani appartiene a noi.
Abbiamo cantato per anni che nessuno potra’ cancellare la Terra dei padri e una fede immortale. Non e’ un risultato elettorale a determinare la nostra vita, sarà la coscienza di fare il nostro dovere a qualificarla. Lo dobbiamo ai nostri figli, ce l’hanno tramandato i nostri padri.