di Vincenzo Pacifici – Positiva l’impressione suscitata dal convegno indetto da “Prima l’Italia” con l’appoggio di altre 9 associazioni di area. Ora però – occorre subito osservarlo in premessa – viene il difficile, il complesso del passaggio dalle parole ai fatti, un passaggio definitivo ed ultimativo, dietro il quale non esiste altro che “il rompete le righe”, il “tutti a casa” a meditare sulle mille occasioni perdute.
Occorre notare subito che sin dal “fondo” apparso sul “Giornale d’Italia” e dall’intervento pronunziato una delle figure più efficaci ed aperte sia stata fatta da Francesco Storace, il quale è arrivato ad offrire appoggio ed affiancamento nelle prossime consultazioni regionali alla Meloni, che, però, inspiegabilmente, stenta ad uscire dalla “turris eburnea”, in cui per eccessivo ed autolesionistico “amor sui” si è rinchiusa. Denso con le proposte avanzate e partecipato per il calore con cui sono state presentate è stato l’intervento di Gennaro Malgieri.
Nella prima tavola rotonda si sono distinti Alessandro Nardone, Fabrizio Fornaciari, Andrea Santoro e soprattutto il consigliere regionale del Trentino Alto Adige, Alessandro Urzì, il quale, come diversi altri oratori, militanti nel raggruppamento della Meloni, ha respinto con la sua esperienza speciale qualsiasi collusione con Salvini. Tra i pochi passaggi non condivisibili nel complesso degli interventi è quello di Andrea Di Consoli, che ha sopravvalutato il peso ed il ruolo del dott. Renzi, che altro non è, in virtù della sua inarrestabile affabulazione, il braccio e la voce di una complessa e ramificata cabina di regia. Questo è un errore già compiuto a Destra con l’ingenua, immeritata, infondata considerazione positiva avuta per Craxi, culminata in fenomeni di puerile fiducia postuma, e mai confrontata con una realtà fatta di abbaglianti formule controproducenti ed antistoriche (il socialismo tricolore), e di comportamenti deteriori, opportunistici, adatti e tipici di un terzo mondo neanche sviluppato e maturo (la politica del doppio binario).
Mette conto però esaminare il documento base della riunione, che – lo ripetiamo con chiarezza e partecipazione – dovrà trovare in tempi al massimo rapidi realizzazione e concretizzazione, prima che i tentacoli governativi con l’occupazione della RAI soffochino ed isteriliscano le opposizioni vere e tradizionali. Dopo aver ripercorso le esperienze del passato, si passa a spiegare la diaspora della Destra, passata dalla percentuale del 12,3 % raccolta nelle politiche del 2006 al 3,7% ottenuto da FdI nelle europee del 2014 e si raggiunge la facile e centrata conclusione che i suffragi sono finiti nel Movimento 5 Stelle e in maniera più estesa nell’astensionismo. Il primo voto dimostra una disperazione massima e una voglia protestataria tanto forte quanto inconcludente, il secondo è posto in frigorifero in attesa di un ritorno atteso e sperato. Sui caratteri distintivi ed unificanti della Destra giustamente si considera l’ipotesi di almeno due partiti “uno “più di centro” e l’altro “più di destra””
Si arriva poi ad identificare 5 punti di riferimento attorno a cui emergere o meglio riemergere l’identità: la Nazione, lo Stato, la Solidarietà comunitaria, il Made in Italy e lavoro ed i Valori non negoziabili della persona.
Nell’auspicata Terza Repubblica si “deve trovare un nuovo modello di partito che, senza tornare ad essere un apparato divora – risorse, riscopra i valori delle comunità politiche e militanti, le regole della democrazia interna e ruoli di leadership al servizio della rappresentanza politica e non viceversa”.
Si è lanciato “un appello sincero per riaprire il dibattito sulla Destra e sue potenzialità politiche ed aggregative e per mettere in comunicazione tanti mondi che oggi rimangono ognuno chiuso in se stesso”, un mondo – aggiungiamo – sempre più consunto e senza speranza fuori dal mondo.
Chi scrive, nel suo intervento nei lavori, ha utilizzato le parole di Emilio Gentile, che non ha escluso che “gli italiani e le italiane, vergognandosi delle malsane del loro Stato degradato, possano essere nuovamente capaci di rinnovare la simbiosi fra italianità, unità e libertà e costruire finalmente uno Stato nazionale di cittadini ed quali, del quale essere non per orgoglio, ma per dignità”. Ha chiuso con una domanda provocatoria: “Noi siamo qui, cosa attendiamo a muoverci?”.
Fonte: Destra.it