di Alessandro Nardone – Ricordate lo spassosissimo tormentone di Crozza alle scorse elezioni politiche? Era il “ma anche” che il comico genovese aveva affibbiato a Walter Veltroni per significare che, nei suoi discorsi, l’allora leader del Pd affermava tutto ed il contrario di tutto. “Sto con Marchionne, ma anche con gli operai”, “siamo a favore della cultura, ma anche dell’ignoranza”, e così via. Ecco, trovo che il Berlusconi di oggi abbia assimilato un che del “maanchismo” di veltroniana memoria, e non soltanto per l’altalena riguardante la sua eventuale ricandidatura, intendiamoci.
Tanto per cominciare, non ci vuole certo Henry Kissinger per capire che ieri – in occasione della presentazione del libro di Bruno Vespa – Berlusconi abbia lasciato intendere di non avere alcuna intenzione di ridiscendere in campo per la sesta volta. Molti di voi si domanderanno che senso abbia, allora, il tira e molla con il quale, nell’ultimo anno, il Cavaliere ha letteralmente sfibrato ciò che rimaneva del Pdl. Questa la mia personalissima lettura: 1) Dopo la scissione di Fini, il Cav ha capito che per lui, nel partito – vuoi per questioni anagrafiche, vuoi per la scollatura dei vertici dalla base – cominciava a tirare una brutta aria, cosa difficile da accettare per il leader – fino ad allora – indiscusso. 2) Siccome la cosiddetta “pancia del paese” è sempre stata la sua bussola, Berlusconi ha compreso perfettamente quanto sia alta la domanda di un sostanziale rinnovamento, della classe dirigente tout court. 3) Così, dopo aver consegnato a Monti le chiavi di Palazzo Chigi, ha utilizzato questo anno per giocare al gatto col topo con il suo partito, da una parte per logorare coloro che avevano già espresso il loro malcontento per liberarsene, spingendoli ad andarsene e, dall’altra, per testare l’effettivo grado di fedeltà dei berlusconiani doc. 4) Evitare le primarie che, così com’erano state concepite, non a torto considerava alla stregua di un congresso camuffato. 5) Per tentare – cosa che ha palesemente ammesso anche ieri – di trovare la soluzione migliore per la sua successione, anche e sopratutto sulla scorta dei sondaggi che consulta pressochè quotidianamente.
Questo per quanto riguarda la sua ricandidatura a premier ma, dalla conferenza stampa di ieri, è emerso molto altro. 1) Più che un accordo con Monti – che, allo stato, pare oggettivamente un’ipotesi poco plausibile – Berlusconi sta cercando un compromesso con la Lega di Maroni, perchè sa benissimo di non poter fare a meno dei voti padani per sperare di riconquistare Lombardia e seggi al Senato. A questo proposito, quella che vede lui “Capo della coalizione” ed uno tra Alfano e Tosi candidato alla presidenza del consiglio, sembra molto più di una semplice ipotesi. 2) Il famoso spacchettamento, ovvero la scissione degli ex An alla fine, con ogni probabilità, non si farà. Infatti, il Cav ha sì spiegato che si tratta di una delle ipotesi sul tavolo, ma ha anche detto che, per una questione di tempi e di riconoscibilità del brand sulla scheda elettorale, il Popolo della Libertà non cambierà la sua ragione sociale in Forza Italia facendo, così, venir meno il motivo principale per il quale La Russa e Gasparri paventavano l’esigenza di creare una “cosa” di destra. 3) Altra affermazione assai importante, è quella che riguarda l’annuncio di una non ricandidatura di Marcello Dell’Utri. 4) Sempre in tema di scissioni e fuoriuscite, a meno di colpi di scena, la retromarcia di Berlusconi fermerà l’emorragia di Crosetto e Meloni che, il 16 dicembre, tenteranno di ascriversi i meriti del ripensamento di Berlusconi ed annunceranno la loro permanenza nel Pdl.
Per concludere, credo che Berlusconi abbia definitivamente annusato l’aria di malparata vedendosi, così, costretto all’ennesimo passo indietro; d’altra parte a nessuno piace giocare per perdere, figuriamoci ad uno come lui. E questo è umanamente comprensibile. Tuttavia, ritengo che la strada più logica ed allo stesso tempo agevole da percorrere, sarebbe quella di un centrodestra fortemente rinnovato negli uomini, con a capo un giovane come Tosi, e composto dalle diverse anime che, da sempre, rappresentano le differenti sensibilità di tutta quella gente che si è sempre sentita alternativa alla sinistra, ovvero, un Pdl intero (e non parzialmente scremato da altre scissioni), la Lega di Maroni e La Destra di Francesco Storace. Se, poi, insieme al rinnovamento ed alle sigle dei partiti, verrà fondato un patto su un programma semplice, chiaro e condiviso (magari partendo dai dieci punti del Manuale della Sovranità), allora si potrebbe anche sperare in qualcosa di più, di una sconfitta con l’onore delle armi.
e ci ritroveremo, come logica, cuore e percorso hanno già deciso per noi