di Alessandro Nardone – Il grande pubblico ha imparato a conoscere Roberto Rinaldini qualche settimana fa, grazie a “Il più grande pasticcere”, il talent andato in onda lo scorso dicembre in prime time su Rai 2, ma quello televisivo non è che uno dei tanti tasselli che compongono la carriera di un giovane italiano che ha avuto la capacità di diventare uno dei pasticceri più conosciuti al Mondo. Un percorso professionale che, partito dalla sua amata Rimini, è giunto fino in Giappone, per la precisione a Tokyo, dove i nipponici fanno la fila per entrare nel negozio che porta le insegne color rosa shocking del suo brand, “Rinaldini Pastry”.
Roberto, molti dei nostri lettori avranno certamente avuto modo di seguirti nella tua veste di giudice de “Il più grande Pasticcere”: ora che il programma è concluso, credi che sia riuscito a far emergere la tua vera personalità?
Sicuramente si, perché sul lavoro non sono un tenero. Cerco il meglio in quello che faccio, è per questo che sono esigente con me stesso e mi aspetto altrettanto dagli altri; qualcuno mi ha appiccicato addosso l’etichetta del cattivo ma non penso di esserlo: la verità è che, per lavorare in pasticceria o in cucina, è necessario una sorta di regime militare, e chi non riesce a sostenere certi ritmi è tagliato fuori. Il cibo e i dolci sono una cosa seria, e quando il cliente acquista un prodotto deve avere la certezza che sia perfetto, nel gusto e soprattutto nella conservazione.
Il tuo percorso professionale potrebbe essere preso come modello da qualsiasi giovane a cui questo Paese ha fatto passare la fiducia: pallavolista professionista, t’infortuni ma non ti abbatti e, anzi, ti prefiggi l’obiettivo di diventare un pasticcere di livello internazionale, riuscendoci. Come hai scritto sul tuo sito sei “una promessa mantenuta”. Ecco, visto che ami circondarti di giovani da valorizzare, quali sono i consigli principali che cerchi dargli?
Ho avuto la grande fortuna di arrivare dal mondo sportivo e ogni giorno, nei miei negozi, per me è una sfida, con l’obiettivo di stupire i clienti a ogni boccone. Nessuno mi ha regalato niente, i miei primi concorsi li preparavo dopo dodici ore di lavoro rimanendo in laboratorio fino a notte inoltrata, nella cucina della pensione di mio papà, senza attrezzatura e senza riscaldamento: ti assicuro che lavorare lo zucchero a sette gradi non è assolutamente facile, ma la mia voglia di vincere e di essere il migliore riusciva a sopperire a questi disagi. Essere giovane è un pregio, non un difetto! L’energia che trasmette la gioventù, se ben equilibrata da fondamenta solide come l’educazione data dalla famiglia, è uno strumento indispensabile nelle mani dei ragazzi che vogliono intraprendere questo lavoro. Fondamentale, oltre ai valori, la conoscenza di almeno due lingue straniere. La pasticceria ad alti livelli non ha confini e la professionalità della pasticceria italiana è riconosciuta in tutto il mondo, parlare altre lingue può essere un valore aggiunto non indifferente.
Giovani che hanno il privilegio di poter crescere, circondati dall’esperienza di professionisti come te, e di veri e propri mostri sacri della pasticceria come Iginio Massari, Gino Fabbri, Gabriel Pailasson ed Eliseo Tonti, per citarne alcuni di fama mondiale più volte presenti anche come giurati ai concorsi che hai ideato. Come si coniuga la sfrontatezza e l’incoscienza di un ventenne con l’esperienza e la saggezza di gente di quel calibro?
Avere il privilegio di collaborare con grandi Maestri come quelli che hai citato è un’occasione da sfruttare al 100% sotto ogni punto di vista, personale e umano soprattutto. Condividere la loro conoscenza attraverso il lavoro quotidiano è un’esperienza dal valore incalcolabile: chi saprà farne tesoro cogliendone l’essenza, sarà destinato a raccogliere frutti importantissimi.
Oggi si conclude la trentaseiesima edizione del Sigep, a Rimini, la fiera dedicata all’arte dolciaria, di cui sei ideatore e curatore dei Pastry Events. Un appuntamento che, anno dopo anno, si arricchisce di un numero sempre più vasto di espositori e visitatori. Credi che il food e le eccellenze che rappresenta, possa essere il traino per la ripresa di tutta l’economia italiana?
Penso che il food italiano di qualità non conosca crisi, è sicuramente un traino fondamentale per l’economia del Paese, grazie all’export internazionale, sempre più incidente sul fatturato delle aziende. La problematica che pesa tanto sui piccoli artigiani, quanto sulle medie e grandi imprese, sono i costi fissi e le tasse che sono ormai incontenibili, un peso troppo opprimente per poter pensare a una ripresa o a futuri investimenti. È difficile immaginare un possibile futuro quando le basi del Paese non sono solide e non danno ai propri cittadini le possibilità e le garanzie per poter crescere.
Riflessione tristemente perfetta, la tua. Senti Roberto, il successo che riscuoti all’estero fa di te uno dei massimi rappresentanti dell’Italian Food Style. Quanto incide il coraggio di osare e di sperimentare, nella realizzazione di un’idea?
Anche nell’osare bisogna avere razionalità e conoscenza dei propri limiti, oggi è fondamentale accettare la propria condizione economica e valutarla per quello che è, sulla base di questo ragionamento si può intervenire con azioni di marketing mirate che riescano a sviluppare il tuo business, attraverso nuove idee che stimolino la clientela. I grossi investimenti sono da considerare in modo oculato, sulla base del fatturato e del progetto di espansione che si pensa di attuare. Sicuramente l’idea è importante per aprire nuovi mercati, ma ciò che più importa è saperli affrontare nel modo giusto, altrimenti si rischia il flop.