di Davide Tedeschini – Si credeva molto nel liberismo agli esordi del Polo della Libertà, e quindi in quei ‘mercati’ che dopo 18 anni hanno determinato una stagione politica nuova, costringendo a una presa di coscienza elettori e militanti del centrodestra la cui volontà è stata tradita. Qui riassumo la mia esperienza pensando che sia simile a quella di molti altri.
Spesso se non quotidianamente ricevo critiche da parte di esponenti ex AN del PdL, che si sentono derubati della loro identità di destra, come se la destra avesse una ‘storia’ già scritta con attori e protagonisti precostituiti. Ma è la Storia stessa che ci insegna che non è così e che si scrive giorno per giorno, non solo nei fatti a venire ma anche in quelli avvenuti, spesso celati o sminuiti nei libri di storia (come è successo per le Foibe).
Io vedevo venti anni fa, il Polo delle Libertà ai suoi esordi ispirato alla filosofia di Karl Popper: un filosofo che faceva degli idealismi una sola categoria in cammino con i totalitarismi. In pratica Hegel, Marx, Hitler e Stalin da una parte; Kant, Bacon, Mill con Churchill e Roosvelt dall’altra. In mezzo a questi ultimi pensatori liberali si è collocato il liberalismo di destra. I conti tornavano con la politica del cristianesimo che si poneva contro il relativismo etico e culturale: teocrazie orientali e democrazie occidentali che vivevano un’eclissi di valori. Anche la Chiesa con encicliche come la ‘Fides et Ratio’ si inseriva in questa ricerca volendosi ben distinguere da quelle religioni che volevano ‘imporsi’ nelle scelte politiche: una scelta di Libertà. La lotta contro l’ateismo comunista da parte degli uomini di Chiesa, una lotta non-violenta e il grande carisma di Giovanni Paolo II sembravano in realtà gli artefici della caduta del muro di Berlino nel 1989. Libertà: parola chiave della coalizione di centrodestra da opporsi ad un centrosinistra spesso incapace di liberarsi dai demoni del comunismo, postcomunismo, veterocomunismo e del socialismo reale di norma illiberale, statalista e anti individualista. Don Baget Bozzo teneva a mente i fili del discorso cristiano nella nuova coalizione.
A cosa potevo rivolgere il mio interesse politico da elettore o da giovane voglioso di buttarsi in politica negli anni 90? (Pur essendomi sorbito ore e ore di politica a cena da parte di mio padre?) Alleanza Nazionale – M.S.I nasceva dall’eredità di una storia che venendosi a ritrovare ambiguamente in una diatriba ideologica (che ho accennato in precedenza) non permetteva a molti giovani di avvicinarsi, di impegnarsi, di entrare, anche solo per la paura di trovarsi soli di fronte allo sguardo giudice della Storia; inoltre era un partito il cui organigramma era completo e non regalava spazio ad ambiziosi. L’UdC-(CCD) era nelle mani delle terze quarte file della Democrazia Cristiana che si ritrovavano ad amministrare terreni abbandonati e improduttivi come vecchi nobili andati caduti in disgrazia mentre altri si spostavano a sinistra (PPI).
Forza Italia rappresentava una vera ‘novità’ e dava l’impressione che chiunque vi fosse entrato avrebbe potuto scrivere la propria storia politica, emulare sotto certi aspetti il successo imprenditoriale e politico di Silvio Berlusconi presentatosi come self-made man. Proprio come oggi succede con il Movimento 5 stelle di Beppe Grillo: nessuno (apparente) scheletro nell’armadio, buoni sondaggi, organigramma ancora da scrivere, necessità di essere incensurati e senza aver mai ricoperto incarichi amministrativi, poco importa il resto. Così era anche Forza Italia. Diciamo che i Grillini nutrono un profondo e viscerale odio politico che vogliono capitalizzare al più presto e vedono in Beppe Grillo il loro leader. Uno showman-comico che disprezza la partitocrazia sta costituendo un partito con specialisti di ogni settore amministrativo: dall’energie, all’ambiente, dall’economia alle infrastrutture etc. come fece Berlusconi andando a pescare specialisti nella cosiddetta società civile. Analogo all’odio di Grillo per il passatismo era quello di Berlusconi contro il comunismo. Di fronte alle obsolete controversie ideologiche (a ridosso della caduta del muro di Berlino era di moda parlare di ‘morte delle ideologie’) sembrava realistico votare Berlusconi; chi avesse voluto scendere in politica negli anni 90, non lo avrebbe certamente fatto nella D.C. o nel P.S.I., devastati dalla ondata giudiziaria di ‘Mani Pulite’, chiamata così dall’inchiesta che porta il suo nome.
Se la filosofia da una parte mi aiutava a riflettere, c’era dall’altra la storia della mia famiglia. Spesso i figli si trovano in eredità la passione o gli amici del padre (nel mio caso democristiano). Rifiutai l’invito rivoltomi a frequentare le riunioni del CCD, in quel momento era assolutamente inutile, come se oggi qualcuno ti invitasse a partecipare a un comizio del PdL di cui si è già detto: chiuderà, cambierà nome (E quando scrivo queste cose non è ancora scoppiato lo scandalo Fiorito della Regione Lazio in cui si è dimessa la governatrice Renata Polverini. Detto con molta franchezza: mi sembra che il PdL oggi stia facendo la fine della Democrazia Cristiana o del P.S.I.).
Decisi di entrare in politica alla fine degli anni 90, persuaso dal fatto che Forza Italia e La Casa della Libertà erano una alternativa liberale e liberista alle obsolete macchinazioni del PDS, contro le tasse, contro carrozzoni parastatali, contro il magnamagna della vecchia politica, contro favoritismi nella pubblica amministrazione, ‘contro gli sprechi della sinistra’, contro la casta dei professori universitari …recitavano i pamphlet di partito. In più sembrava si ponessero il compito di chiarire le responsabilità politiche di una vicenda giudiziaria scandalosa come ‘Mani Pulite’ subita da individui spesso innocenti e dalle loro famiglie. Vedere comunque un ex presidente del consiglio come Craxi essere sepolto in Africa e non ricevere funerali di Stato in Italia mi persuase a muovermi.
Da allora ricordo distintamente 15 campagne elettorali e infinite manifestazioni, spesso solamente al servizio del partito o di uno della coalizione, perché è giusto così: gazebi sabato e domenica per mesi, affissioni, volantinaggio, telefonate, pulmann, elenchi. Ho messo a disposizione anche il garage, casa mia. Di tutte le manifestazioni ne voglio ricordare una sola: 2 milioni di persone a San Giovanni il 2 dicembre del 2006 in cui gente di tutte le estrazioni e di tutte le età chiedeva di mandare a casa il governo delle tasse di Prodi. Con un Fini indicato dallo stesso Berlusconi come suo successore.
Nel 2011 Berlusconi (pur rimanendo presidente del consiglio) lascia ad Angelino Alfano la segreteria del PdL, il partito di vocazione maggioritaria nato dalla fusione di Forza Italia e Alleanza Nazionale. Nel suo discorso il nuovo segretario nazionale del PdL fa retromarcia: dopo anni e anni contro le tasse, e contro un intervento diretto della politica nell’economia, bisognava prendere atto che la finanza internazionale (che chiamiamo anche i ‘mercati’) non aveva favorito il nostro Paese. Tale decisione era anche comprensibile ma ciò che risultava incomprensibile era ormai il partito che andava avanti solo per personalismi, (‘parentopoli’) dimenticando completamente la sua vocazione originaria antipartitocratica e verticistica. Si intraprendeva un percorso che da una parte parlava di organizzazione e dall’altra invece si sosteneva solo su accordi spesso di parentela, peggiorata dalla legge del ‘Porcellum’ che permetteva di sapere anticipatamente i deputati e senatori che sarebbero stati eletti. In alternativa non condividevo macchinazioni come primarie e altre iniziative assembleari come congressi (se non concordati all’unanimità) per evitare la lotta delle tessere, retaggio della vecchia politica. Diversamente era come rimangiarmi tutti i successi della Casa della Libertà, avvenute più per decisioni politiche azzeccate del vertice alle quali fornire un grande sforzo in campagna elettorale. Ma contro ogni pronostico a distanza di pochi mesi tutto precipita: cade Berlusconi, tradito da 30 deputati di Fini e anziché fare un rimpasto di governo, il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano dà l’incarico a un tecnico delle banche: Mario Monti, sostenuto a sorpresa da PdL, UdC, e PD. Il nuovo governo aumenta il peso fiscale, reintroduce tasse in precedenza cancellate, fa parlare ministri che provengono dall’Università (che era il nucleo della casta) o dalle ‘banche’. Un disastro.
Per chi come me aveva fatto politica con le linee guida di Forza Italia, spesso basate sull’anticomunismo e su una demarcazione netta tra destra e sinistra (contro il consociativismo dietro il quale si nasconde lo scambio di favori personali tra politici di diversa collocazione) era una scelta incomprensibile e un errore politico grave per il PdL che lo allontanava definitivamente dal suo elettorato e dai cittadini.
Ho ricordato allora l’esperienza politica de La Destra che aveva avuto e continuava ad avere un grande leader, sempre coerente: Francesco Storace. Non sapevo i motivi dell’assenza della Destra alla nascita del PdL ma viste le cose come sono andate a finire, di certo non erano stati sprovveduti a non farne parte ho pensato, non è peccato avere idee diverse. Poi ho incominciato a ragionare e mi sono accorto che le ragioni erano molto più profonde. Così profonde che affondavano le radici nella storia d’Italia e a cui bisognava dare rispetto. Può capitare in questo caso di sentirsi profondamente motivati. Può venire in mente che non si può mentire in eterno sulla propria storia, sulla propria identità, non si possono tradire gli elettori, gli italiani. C’è qualcosa di sacro in tutto ciò: sacro come il suolo su cui si cammina, su cui si nasce.
Poi mi sono accorto che il tradimento in un partito come La Destra è ancora considerato una ‘vergogna’ oltre che disastroso da un punto di vista politico; che non si deve smettere di dire la verità sempre, che la ‘ragione’ e lo Stato sono compagni di viaggio e che l’individuo è rispettato nel suo credo politico.
Mi sono guardato allo specchio e mi sono visto costretto per anni a rispettare gerarchie fittizie, a smentire chi mi riteneva parte del ‘partito di plastica’, chi strumentalizzava l’antiberlusconismo, chi ti dava del ‘fascista’ pur essendo liberale, del ‘cane fedele’, galoppino del ‘partito azienda’, del ‘servo’ che fa ‘politica padronale’, al soldo di un ‘imprenditore’ (e non di uno statista), che il partito c’è solo in televisione e non sul territorio, che gli elettori sono distratte casalinghe di Voghera, che quello in cui credi è ‘populismo’ e quindi non ultimo, il ‘bunga bunga’, con le sue conseguenze.
A tutto questo io ho risposto con coraggio, in virtù di una militanza, col solito impegno, con astuzia: passi per le igieniste dentali divenute consiglieri regionali.
Ma è stata rimossa la storia di un partito e con esso di tante persone: alla chiusura di Forza Italia non è corrisposta la tutela degli uomini di partito. E’ mancato il sogno di un grande partito di centrodestra, in cui si favorissero i meriti piuttosto che le parentele. Mi sono accorto che al contempo non c’era più il PdL e la lotta per gli obiettivi del lavoro, della famiglia, della patria, della storia: tutto veniva quotidianamente trascinato nel fango. Mi sono visto furibondo e accecato dalla rabbia per tanti sacrifici, fatti a scuola, durante l’insegnamento e a lavoro per fare campagne elettorali non per ‘qualcuno’ ma per un’idea e anche per il Paese. Mi sono guardato allo specchio e mi sono visto ‘nero’. Mi sono accorto che questa era la verità e prendere una posizione chiara era necessario per rispetto della mia storia, per rispetto della storia di tutti, così si diventa de ‘La Destra’ con tanto lavoro da affrontare.
E c’era un problema che era la madre dei problemi: da anni mancavano provvedimenti rivolti a tutti i cittadini. Il governo Monti è stato talmente ipocrita nell’annunciare provvedimenti (ritenuti in precedenza impossibili) pur senza realizzarne uno: art 18, abbattimento del debito, riforma costituzionale, liquidazione dei beni demaniali, assunzioni nella Scuola e nella Pubblica amministrazione, rinascita del ruolo del Paese all’estero e in Europa. Un governo di tecnici si rivelava più politico di quello precedente nell’aggirare questioni spinose. Nel frattempo l’Italia si è ridotta a un punto di dogana oltre il quale comanda chi ha più soldi e può pagarsi avvocati, per ricorsi al Tar, fare denunce e tutelarsi se sottoposto a contenziosi. Per chi non ha possibilità economiche la situazione diventa critica. La Destra ha ben chiaro tutto ciò.
La Destra a Fonte Nuova(Rm) comune suburbano di 32.000 abitanti non è un partito di ex, ma un partito che fa riferimento al ‘manuale della sovranità’, ai dirigenti provinciali e regionali e al segretario nazionale Storace . E a quegli exAN del PdL che si sentono derubati della loro identità di destra, come se la destra avesse una ‘storia’ già scritta con propetari, attori e protagonisti precostituiti, dico di dirmi cos’è la ‘destra’, accetto qualsiasi critica:
questo non vuole essere solo un grande partito con un grande passato: il suo futuro è tutto da scrivere.