di Alessandro Nardone – Quello che diciamo noi, e che sta scritto del Manuale della Sovranità, corrisponde al pensiero della stragrande maggioranza degl’italiani. Tranquilli, nelle righe che seguiranno non intendo abbassarmi a forme di piccola propaganda ma, se possibile, dimostrarvi ancora una volta quanto sia concreto ed attuale il documento elaborato daLa Destradi Francesco Storace. Dopo aver parlato di PMI e Made in Italy oggi discutiamo, per la prima volta, di Europa. Dico per la prima volta perché, nelle prossime settimane, sulle pagine del Giornale d’Italia, torneremo certamente ad occuparci di quello che, come ben sappiamo, è divenuto lo snodo principale di gran parte delle questioni di casa nostra.
Non a caso, il sistema partitocratico – con la complicità di una grossa fetta dei media tradizionali – tenta quotidianamente di far passare in sordina provvedimenti determinanti per il nostro destino. Qualche esempio? Prendiamo il Fiscal Compact che, di fatto, consiste nella cessione di ulteriori quote di sovranità nazionale ai tecnocrati che stanno a Bruxelles e Strasburgo; una pistola puntata alle nostre tempie, in quanto introduce parametri ancora più severi rispetto agli attuali. Questo significa che, chiunque sarà chiamato a governare nei prossimi anni, per non incappare in forti sanzioni pecuniarie, si vedrà costretto a ricorrere a nuove manovre, ergo, a nuove tasse.
Pur essendone perfettamente consapevoli, i partiti che compongono la grande ammucchiata (Pd, Pdl ed Udc) a sostegno del governo Monti, hanno comunque approvato il Fiscal Compact stando, ovviamente, ben attenti a nasconderne qualsiasi traccia sotto il tappeto di patacche come la legge elettorale e le loro diatribe interne. Vero e proprio fumo negli occhi.
Insomma, l’Europa plasmata, ahinoi, a immagine e somiglianza dei cosiddetti poteri forti ha via via assunto, giorno dopo giorno, i connotati di un mostro, attorno al quale è stato eretto un muro di silenzio quasi inespugnabile. Per nostra fortuna non siamo i soli a tentare di abbatterlo e, anzi, puo’ anche capitare che, nel bel mezzo di uno degli eventi pop più attesi dell’anno, sia concesso uno spazio a realtà assai scomode come quella di cui vi ho appena raccontato.
È accaduto durante Rock Economy, il concerto di Adriano Celentano trasmesso in diretta da Canale 5 il nove ed il dieci ottobre scorsi, nel quale è stato ospitato l’intervento dell’economista francese Jean-Paul Fitoussi, che si è spinto fino a definire quest’Europa “una dittatura”. Peccato che, come peraltro ampiamente prevedibile, il giorno dopo si sia preferito spostare l’attenzione sulle solite polemicucce da quattro soldi, anziché aprire un dibattito serio su quegl’interessantissimi spunti di riflessione.
Così, visto che sono tra quei nove milioni d’italiani che quella sera stavano davanti alla tivvù, ho pensato che fosse il caso di andare a riprendere quelle parole e di dar loro il risalto e l’importanza che meritano. Partiamo dalla riconquista del benessere, dalla crescita: “tutti invocano la crescita ma nessuno riesce a spiegarci come realizzarla. Personalmente credo che sia legata ad una drastica inversione di marcia dell’uomo senza la quale è impossibile venirne fuori. Come si fa a crescere se gli operai non hanno soldi per arrivare a fine mese? La crescita puo’ e deve essere qualitativa, quella che conta è la crescita del benessere. Il capitale umano è importante, ci sono tassi di disoccupazione non compatibili con la democrazia”.
Emerge, dalle parole di Fitoussi, la chiara esigenza di ribaltare il concetto secondo cui, per sconfiggere la crisi, sia necessario il rigore a tutti i costi, anche di fronte all’evidenza di un’economia depressa dal calo verticale dei consumi. Per centrare l’obiettivo, secondo il professore transalpino, è necessario riaffermare il principio di sovranità: “Bisogna cambiare la politica per fare di noi cittadini pieni: abbiamo rinunciato a governare per metterci sotto la tutela dei mercati. Verso quale futuro andiamo? I popoli europei oggi hanno perso il futuro, si è deprezzato e questo non va bene per i nostri figli, siamo in un’Europa non più democratica, la disuguaglianza è diventata così forte che è incompatibile con la democrazia. La governance non risponde più ai cittadini e i governi non hanno più potere, siamo quasi a una dittatura, all’inizio credevo che fosse una dittatura benevola ma adesso non lo credo più. I dittatori sono il sistema che ha fatto sì che i governi devono obbedire alle regole dei mercati, dello spread piuttosto che alla sovranità popolare, al fiscal compact, al patto di stabilità, ma non ai loro cittadini”.
Gli stessi dittatori che amano definirsi “moderati” e che s’affannano a bollare – vedi Monti ed Alfano, tanto per citarne un paio – come populista ed estremista chiunque s’azzardi a dire le cose come stanno.